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Il Racconto in Pillole

Mary grandi occhi

1°episodio

Il deserto l'aveva accettata. Aveva incontrato il suo desiderio e se ne era innamorato. Mary grandi occhi amava sedersi sulla sabbia e sognare ad occhi aperti. Lunghe distese irregolari e dune che celavano nuove distese e nuove dune. Le piaceva immaginare che al di là si celassero altri mondi e al di qua, ogni giorno, ne creava uno nuovo. A volte Mary si vergognava:" In fondo non sono più una ragazzina", pensava, ma quel gioco era diventato un importante tassello della sua vita e sarebbe stato difficile rinunciarvi, almeno per ora. Il quarto ed ultimo anno di studi era appena cominciato e per il futuro si prospettavano grandi, quanto incerte prospettive. Mary grandi occhi aveva un grande talento per i sogni, ma non aveva ancora scelto quale preferire e soprattutto perché. Psicologia era stata pur sempre una scelta: se non altro poteva esplorare i sogni, o meglio, gli incubi altrui. Stava aspettando Marco, il suo nuovo ragazzo. L'aveva conosciuto poche sere prima in un locale in via Fumagalli, vicino al Naviglio grande, dove spesso si ritrovava con i suoi amici. L'avevano colpita i suoi modi estroversi che accentuavano, più che celare, la sua timidezza. Le persone timide la interessavano particolarmente perché nascondevano gran parte di loro stessi, e lei era una ragazza molto curiosa. Suonò il campanello. Attese un attimo prima di aprire. Marco si presentò con il suo bel sorriso che gli illuminava il volto, un volto regolare, quasi anonimo. Mary lo prese per mano senza aprire bocca, non aveva voglia di parlare. La sua camera era minuta, adatta ai pochi minuti che vi trascorreva, ma era piena di luce. Defilato alla parete destra soggiornava un piccolo letto sovrastato da un'ampia vetrata, che dava su una bellissima foresta di antenne e parabole dai mille colori, proprio un belvedere "tv", e di fronte al letto, sotto alla finestra in vana attesa, stava una scrivania declassata o promossa a guardaroba. Unico ornamento, di fronte alla porta a mo' di benvenuto, una terrificante, grottesca e perciò stupenda stampa di Goya: "Vecchi che mangiano la zuppa", da far passare la fame. Marco si sedette sul letto mentre lei gli sistemava il giubbotto sul "guardaroba". Gli si posò sulle ginocchia guardandolo soddisfatta e, nonostante Goya, affamata, incominciò a scartare quel fresco bocconcino. <<ti è piaciuto?>> chiese precoce il bocconcino. Mary, un po' per l'inutile domanda e un po' per il precoce, abbandonò quella dieta troppo magra per la sua insaziabile curiosità. La lezione di mezzogiorno era ormai iniziata, così fece una doccia, cambiò le lenzuola e si coricò con le ossessioni di Suskind e una sigaretta. Conosceva abbastanza bene gli uomini, non perché ne avesse avuti molti, ma perché ne aveva abbastanza di loro, anche se a volte lo dimenticava. La sua compagnia era in gran parte formata da ragazzi. La divertiva stare con loro. Le sue "amiche " erano sicuramente più noiose: il loro unico intento, benché latente, era catturare il prossimo esemplare per occupare le vuote domeniche pomeriggio. Per Mary certe cose dovevano venire da sole, anche se spesso erano un po' troppo veloci, o precoci. Non che i suoi amici denigrassero l'essere catturati, ma sotto quest'aspetto erano sicuramente più autonomi, più liberi. Con loro stava come un maschio: beveva come loro, fumava come loro, parlava come loro, ma scopava molto di più, per il semplice motivo che ogni tanto scopava, ed era anche per questo che come uomo veniva rispettata. Non che fossero così incapaci con le donne, ma solo un po' imbranati e Mary si divertiva a canzonarli prima e a consigliarli poi. Aveva notato che tra i ragazzi era abbastanza diffusa una strana concezione della sessualità femminile, una sorta d'innato pregiudizio, un'eredità sociale il più delle volte frutto delle stesse mamme. L'infastidiva la distinzione che facevano tra sesso e amore: tutti amavano le cosiddette porcherie, ma anche se le apprezzavano molto, non digerivano troppo che a farle potessero essere le proprie "amate", anche se a lungo andare ci facevano il callo. Più di una volta aveva sperimentato il distacco maschile "post scopata e connessi" e anche numerose amiche avevano avuto la stessa fredda esperienza. Probabilmente - pensava - gli ometti sotto sotto s'innamorano dello stereotipo della donna pura, un po' edipicamente della santa mamma, e, poverini, gli cade un mito quando quella santa mamma fa i pompini come Selen e via dicendo; del resto le donne si dividono in mamme, sorelle e puttane. Fortunatamente non tutti i ragazzi erano così, i suoi amici avrebbero fatto di tutto per avere tali mammine. Era ormai tempo di studiare, e anche se il corpo era molto pesante lo era di più l'esame che si avvicinava minaccioso. Si vestì svogliatamente, raccolse la sua borsa da supermercato, nel senso che poteva entrarcene uno, e si avviò verso la biblioteca. Strada facendo si fermò al solito bar per il solito spuntino. <<Ah! Dottorina ben svegliata>>, esordì con voce gutturale il barista. <<buon giorno Francesco, come vedi sono in perfetto orario. Preparami il solito, per favore, che vado di fretta>>. <<Strano!…Per il favore dei denari ti preparo qualsiasi cosa, ma perdonami la domanda, per il tuo solito cosa intendi? Un tramezzino tonno e pomodoro o un gin lemon più gin che lemon?>> replicò sorridendo Francesco mentre stava già preparando il tramezzino. Era un uomo particolare, per certi aspetti imperscrutabile, per gli altri sfuggente, abbastanza simpatico e sufficientemente colto per entrare in politica: lo chiamavano l'Anarchico. Aveva un aspetto curioso, alto, di spalle era longilineo, ma di profilo era fin troppo evidente la classica, inimitabile pancia da bevitore, sorretta immancabilmente da delle bretelle rigorosamente nere. Il viso era in carne, carne butterata, sempre rasato e profumato di sapone di Marsiglia, avvolto da lunghi, mossi, unti capelli neri. Le guance cascanti denotavano il peso dell'età, un'età qualsiasi tra i trentacinque e i quarantacinque, nessuno lo aveva ancora scoperto. Gli occhi sporgenti erano spesso celati da occhiali anneriti da quel maniaco che era. Era il personaggio più personaggio del quartiere, un'istituzione ormai affermata ed insostituibile e, grazie a lui e al suo sarcasmo da uomo vissuto, il bar era diventato il punto di ritrovo di molti studenti.

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